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Crescere ed educare un bambino o una bambina è un’avventura imprevedibile e affascinante che non preclude nella donna la propria realizzazione professionale, anzi la arricchisce.
Nell’immaginario collettivo il modello chimerico della “brava madre” alimenta quotidianamente aspettative il più delle volte irrealizzabili che minano le competenze, spesso inconsapevoli, di noi donne creando insicurezze e sensi di colpa “mammeschi” che inevitabilmente si ripercuotono nella vita famigliare e lavorativa. Nella mia esperienza personale e professionale il primo passo verso un sano compromesso è l’accettazione consapevole del cambiamento che la nascita di un figlio o di una figlia comporta, la scoperta graduale di una flessibilità inaspettata ma necessaria in questa nuova vita di donna e madre e l’ascolto quotidiano dei propri bisogni e di quelli del proprio bambino o della propria bambina.
So di riportare concetti già abbondantemente “masticati” ma personalmente scarsamente “digeriti” ma viviamo in una società che considera la maternità un ostacolo alla carriera di una donna, e che sottovaluta l’enorme risorsa, in termini funzionali, del diventare madre. Ricerche nel campo delle neuroimmagini hanno evidenziato gli innumerevoli cambiamenti anatomo-funzionali che avvengono nel cervello durante la gravidanza e nel postartum in termini di efficacia e di risorse facilmente spendibili nei due ruoli che la donna si appresta a vivere, quello di madre e di lavoratrice. Si è scoperto infatti, che i flussi ormonali legati alla gravidanza, alla nascita e all’allattamento, in effetti, rimodellano il cervello, per esempio, aumentando la grandezza dei neuroni in alcune regioni e producendo trasformazioni strutturali in altre. Quindi, mamme stiamo serene, è scientificamente provato che dal punto di vista cognitivo la maternità non ci ha tolto nulla, semmai ci ha arricchito.
Mi chiedo quindi perché non investire strategicamente nell’accoglienza di una scelta così importante come quella di generare una nuova vita promuovendo azioni che sostengono e accompagnano l’evento nascita.
Ma quali possono essere gli strumenti giusti per scardinare questi meccanismi mentali? Per prima cosa, la corretta informazione e l’attenzione quotidiana dei media e della società sull’evento nascita attraverso la promozione di azioni nutrienti che coinvolgono la collettività sull’importanza della maternità consapevole. E’ necessario, inoltre, creare gruppi di sostegno alla pari nelle nostre città che compensano le lacune attuali presenti nel territorio a sostegno della donna e del proprio bambino.
Altro aspetto fondamentale il rinforzo quotidiano dell’alleanza tra noi donne che ricrea quella famosa rete di sostegno tanto cara alle nostre nonne e che permetteva loro di continuare a lavorare nei campi o in casa generando figli.
E l’obiettivo condiviso tra noi mamme che la mamma perfetta non esiste, ma che tutte noi possiamo diventare “mamme sufficientemente buone” per il nostro bambino o la nostra bambina, migliorandoci ogni giorno senza esitare di chiedere aiuto.
Cecilia Gioia