“Se non fai i compiti, mi arrabbio!”.
Chissà quante volte, da bambini, abbiamo ascoltato questa frase dai nostri genitori. E chissà quante altre volte questa frase ha risuonato nella nostra vita adulta sotto forma di emozioni dense e spesso non semplici da nominare. Ed ecco che il senso di colpa inizia a strutturarsi in noi, aderendo come una seconda pelle e filtrando, inevitabilmente, il nostro modo di stare nel mondo.
Perché il senso di colpa è un vero e proprio meccanismo psicologico che si attiva quando facciamo qualcosa che va contro il nostro codice di comportamento acquisito, agendo da supervisor inflessibile e scarsamente accomodante. Si manifesta attraverso la rabbia verso noi stessi tormentandoci e condizionando la nostra vita fino a quando non facciamo qualcosa per riparare all’accaduto.
Ma torniamo agli albori di questo sentimento, a come si presenta a noi sin dalla primissima età consolidandosi in schemi cognitivi e comportamentali mal adattivi che influenzano la nostra vita adulta tanto da strutturare in noi vissuti di inadeguatezza e bassa autostima. Torniamo al nostro Io Bambin* desideros* di non deludere le aspettative genitoriali, sempre alla ricerca di quello sguardo amorevole e compiaciuto dei nostri genitori, sguardo che spesso si è vestito di delusione e frasi scomode, consolidando in noi la colpa, e il pensiero disfunzionale di aver commesso delle cose orribili.
Secondo uno studio condotto alla Washington University di St. Louis, la predisposizione a sentirsi colpevole potrebbe essere collegata ad un’alterazione del volume dell’insula, area cerebrale che regola la percezione, l’autoconsapevolezza e le emozioni e che sappiamo essere coinvolta in molti disturbi mentali. I ricercatori del Dipartimento di Psichiatria hanno misurato prima i livelli di senso di colpa e depressione in un gruppo di bambini reclutati in età prescolare, tra i 3 e i 5 anni. Costoro, raggiunta un’età compresa tra i 7 e i 13 anni, sono stati sottoposti a tre esami di risonanza magnetica funzionale, una ogni 18 mesi circa. Secondo i risultati dello studio, pubblicato su Jama Psichiatry, oltre la metà dei bambini depressi aveva anche un senso di colpa patologico; inoltre, i bambini non necessariamente depressi ma con un senso di colpa patologico mostravano delle dimensioni ridotte della parte anteriore dell’insula rispetto ai loro coetanei. L’individuazione del legame tra funzioni cerebrali e specifiche aree e reti di connessioni neurali è una delle più grandi sfide che le neuroscienze sta portando avanti attraverso un approccio integrato alla psicologia. A tal proposito ricercatori stanno indagando quali siano i modi più efficaci per aiutare i bambini a gestire i sensi di colpa appresi ed ecco che la psicologia assume ruolo predominante in un’ottica di prevenzione e promozione di salute psicologica sin dalla primissima età.
E da adulti? Come possiamo prenderci cura di noi stessi e di questo meccanismo psicologico che blocca il nostro sentirci liberi di mostrarci davvero per quello che siamo e non per quello che per anni abbiamo costruito come immagine ideale del nostro Sé? Iniziare a sperimentare che certi pensieri non producono nessun disastro irreversibile è un buon esercizio per riuscire a esprimere il nostro vero sentire e provare a rompere gli schemi rigidi e acquisiti che per anni hanno condizionato le nostre scelte, influenzando la qualità della vita. Tutto questo avvia un processo di riconoscimento di noi stessi e della autenticità delle nostre emozioni per stabilire delle relazioni interpersonali efficaci e sviluppare con loro una comunicazione rispettosa e funzionale.
M. Cecilia Gioia
Bibliografia
Belden AC, Barch DM2, Oakberg TJ1, April LM1, Harms MP1, Botteron KN3, Luby JL1. Anterior insula volume and guilt: neurobehavioral markers of recurrence after early childhood major depressive disorder. JAMA Psychiatry. 2015 Jan;72(1):40-8