
tratto da aulalettere.scuola.zanichelli.it
“Se l’è andata a cercare”, frase vuota, quanto infame che risuona dentro ognuno di noi costringendoci a guardarci dentro.
In questi ultimi giorni poi questa frase ha il ricordo amaro di chi non c’è più, psicologicamente o fisicamente.
Ripeto dentro di me parole vuote per provare a spiegare cosa succede ad una società inerme e voyeuristica, dove i sentimenti fanno fatica a riconoscersi e a trovare spazio e dove è facile perdersi in un tamtam mediatico decisamente inutile fatto di frasi ridondanti e di circostanza.
Del resto perché soffermarsi e chiedersi cosa sta succedendo, in quale direzione questa società a deciso di viaggiare, in fondo “se l’è andata a cercare“, quindi non è affar nostro. E’ affar suo, di Tiziana , di una tredicenne calabrese e di tutte le DONNE che quotidianamente provano a sopravvivere in uno spazio spesso scomodo fatto di violenze.
Mentre noi stiamo a guardare, tutto scorre veloce, basta un click.
No, nessuna di loro se l’è andata a cercare.
Nessuna ha deciso di farsi violentare fisicamente e verbalmente godendo di quella scelta.
Nessuna sceglie. Molte però subiscono mentre il silenzio avvolge la loro vita relegandola ad un oblio di “fatti” sussurrati ma taciuti.
Oggi, più che mai, questi “fatti” fanno rumore.
Oggi, più che mai, come donne e madri consapevoli, è necessario ascoltare le nostre pance che urlano.
Oggi, più che mai, è il momento di andare in direzione ostinata e contraria da questa società che non mi rappresenta, da questo spazio dove ho deciso di crescere i miei figli.
Mai come oggi questa società ha bisogno di essere nutrita per nutrire, ha bisogno di educarsi al rispetto per rispettare, ha bisogno di essere ascoltata per ascoltare le urla di dolore di chi davvero non ce la fa più e smette di urlare.
E l’educazione parte da noi, dalle nostre case, dai nostri figli, dal nostro territorio, perché non serve commentare, serve fare.
Perché tutti noi siamo responsabili, perché “nessuna se l’è andata a cercare”.
Cecilia Gioia
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