Babyloss 2017: le emozioni dell’attesa.

Slide2Manca davvero poco, un giorno appena.

Ogni anno, da 11 anni nel cuore, la settimana che precede la Giornata della Consapevolezza sulla Perdita Perinatale e Infantile, è costellata di emozioni, episodi, pensieri e piccoli agiti che raccontano ricordi e tracce.

Perché ogni anno attendo che piccoli semini di consapevolezza possano germogliare in una società poco attenta e spaventata.

Pensare che in molte parti di Italia ci siano genitori impegnati come me, in questa attesa, mi fa realizzare l’enorme lavoro pioneristico portato avanti da CiaoLapo, lavoro fatto di costanza, coraggio e presenza.

Perché domani saremo in tanti, ognuno con i suoi ricordi e lo sguardo verso il cielo, per celebrare chi abita nel nostro cuore.

Quest’anno la mia settimana di attesa prima del Babyloss ha il sapore della fatica, di agiti appena sussurrati, di ascolto e di accoglienza e di impegno organizzativo. Si perché quest’anno il Gruppo AMA Parole in ConTatto e Mammachemamme ha immaginato un Babyloss pieno di manine zuccherose, di doni e bolle di sapone, di farfalle colorate e di nasini che guardano verso il cielo. Quest’anno le mani sapienti di mamme e nonne di cielo hanno decorato, infornato dolci, realizzato doni, raccontato storie a tutti i bambini che celebreranno con noi questa Giornata della Consapevolezza. Perché quest’anno il gruppo ha fatto spazio alla GIOIA accogliendo un processo iniziato 4 anni fa, imparando a stare nei vuoti e ad accogliere i pieni in un continuo movimento omeostatico che genera e rigenera relazioni.

E mentre guardo incredula le foto che raccontano i preparativi di questa giornata, non posso che ringraziare i bimbi che hanno scelto di abitarmi, rendendomi consapevole di quanta bellezza c’è intorno a noi e insegnandomi, quotidianamente a so-stare in relazione.

Anche perché, grazie a loro, ho scoperto il valore della presenza anche quando fisicamente si sperimenta l’assenza, ho imparato che il mio lavoro può diventare uno strumento flessibile al servizio di tutti i colori della genitorialità, e ho capito che è importante, per ognuno di noi, completare dei cicli per conoscersi e amarsi.

Questa settimana, grazie al mio lavoro, ho accolto sguardi di donne a cui è stato detto: “Mi dispiace, non c’è battito”. Le ho accompagnate, accarezzate, ascoltate, raccontate dentro e fuori spazi operatori sterili e freddi, provando a riscaldare i loro ricordi. Perché accogliere dei genitori in lutto significa stare dentro quel momento, cercando di occupare poco spazio ma riconoscendo l’attimo in cui il contatto pelle a pelle, fluidifica emozioni fatte di cristallo. Perché imparare a respirare un’aria rarefatta di dolore, mi porta quotidianamente in connessione con i miei vissuti, divenuti grazie ad un quotidiano ed incessante lavoro, la mia forza ed il mio ossigeno.

“Perché non possiamo accogliere, se non abbiamo imparato ad accoglierci”.

Perché non possiamo accompagnare genitori in lutto se non abbiamo riconosciuto, accarezzato, accudito e integrato i nostri lutti nel nostro vissuto di donne o uomini, di madri o padri e di operatori.

E perché se domani, in migliaia, saremo tutti lì, ad accendere una candela con lo sguardo verso il cielo e una carezza sul cuore, potremo affermare che “Non c’è piede tanto piccolo da non lasciare un’impronta su questa Terra” (cit. C. Ravaldi).

Cecilia Gioia

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