Diciamo che quando si parla di diritti, mi sento decisamente “comoda”, e poi il mondo femminile è la mia casa e ci sto bene; allora inizio questo viaggio, curiosa e impaziente, condividendo il primo diritto, per noi donne e mamme:
1. Hai il diritto di manifestare il tuo comportamento, i tuoi pensieri e le tue emozioni, e di assumerti la responsabilità di realizzarli, accettandone le conseguenze.
Finalmente l’ho scritto, lo rileggo, lo riconosco, sorrido, ma….cosa risuona in me, in noi e nelle nostre pance?
Iniziamo da un primo livello, il riconoscimento dei nostri comportamenti, dei nostri pensieri e delle nostre emozioni, attraverso un “genuino” ascolto, un momento in cui sospendere il giudizio e la doverizzazione, per sintonizzarci su noi stesse.
Ma quando è stata l’ultima volta che lo abbiamo fatto? Quando ci siamo soffermate su di noi, eliminando ogni rumore interferente per ascoltare quella voce, spesso poco percettibile, ma presente?
Domanda semplice, a cui spesso facciamo fatica a rispondere, ma vi e mi invito a chiedercelo, in questo viaggio nel nostro cuore e nella nostra pancia.
Un secondo livello che emerge in questo diritto è la capacità di comunicare i nostri comportamenti, i nostri pensieri e le nostre emozioni, con una libertà espressiva nutriente e individuale, scegliendo tra i molteplici strumenti comunicativi che legittimano il “sentirsi” in maniera consapevole.
Ma noi, donne e mamme che leggiamo questi pensieri, quanto comunichiamo? O meglio, quanto la nostra comunicazione è fluida e quanto alterata o inibita da filtri ansiosi interferenti? Caspita, mentre scrivo risuonano in me mille episodi della mia vita, in cui non mi sono riconosciuta il diritto di comunicare liberamente, e devo dire che questi ricordi mi fanno sentire decisamente “scomoda”.
E proprio questa considerazione mi permette di introdurre un nuovo livello di riflessione, la consapevolezza dei nostri diritti, come base solida su cui costruire il rispetto per noi stesse e per gli altri.
Lavorare con le donne e le mamme è un dono di un valore inestimabile, una ricchezza inesauribile che si genera da ogni incontro, dove le emozioni hanno un ruolo centrale nelle relazioni che si instaurano attraverso sguardi e con-tatti di storie e vissuti.
Ed è proprio la molteplicità di questi incontri che sottolinea la difficoltà in noi donne di accogliere questo “sentirci” consapevoli dei nostri diritti. E’ di fondamentale importanza riconoscerli, e attraverso il principio di reciprocità, ri-conoscere gli stessi diritti nell’altro, attribuendo a noi stesse un ruolo attivo e gratificante nella relazione.
Capite bene che fare questo consapevolmente, scegliendo e scegliendosi, è quanto di più efficace possa esistere per stabilire relazioni interpersonali “solide” e “di rispetto”, e allora perché non farlo?
Il quarto livello si caratterizza attraverso la disponibilità ad apprezzare noi stesse e gli altri.
Questo implica una buona autostima e la capacità di valorizzare gli aspetti positivi dell’esperienza attraverso una visione funzionale e costruttiva del proprio ruolo in famiglia, nel lavoro e nella società.
Bene, soffermiamoci un attimo, facciamo un bel respiro e proviamo a ricordare l’ultima volta in cui abbiamo abbracciato noi stesse regalandoci un ”brava, sono orgogliosa di me”; e se questo ricordo fatica ad arrivare, poco male, iniziamo da oggi a “nutrirci” di autostima, una prescrizione che fa bene e – udite udite – non presenta controindicazioni.
L’ultimo livello è relativo alla capacità di mantenere un’immagine positiva di noi stesse, stabilendo un rapporto di fiducia e di sicurezza personale. Come donne e mamme, iniziare a percepirci come buone risolutrici di problemi non è poi così difficile. Ogni giorno ci confrontiamo con piccoli conflitti interni e difficoltà, e le nostre strategie spesso si rivelano utili per fronteggiare una quotidianità non sempre semplice.
Ed ecco, che anche in questo caso, gratificarsi con un semplice “brava” o consolarsi con un “poco male, andrà meglio la prossima volta”, diventa un metodo strategicamente nutriente per viversi.
In fondo basta poco per mantenere il nostro “ambiente interno” accogliente, quindi proviamo a dedicare meno attenzioni alla nostra casa “esterna” e tante coccole e ascolto a quella” interna”, perché la scoperta di noi stesse non sia più percepita come un obbligo, ma come una fisiologica necessità.
Cecilia Gioia
tratto da: www.bambinonaturale.it