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“In Africa esiste un concetto noto come Ubuntu, il senso profondo dell’essere umani solo attraverso l’umanità degli altri; se concluderemo qualcosa al mondo sarà grazie al lavoro e alla realizzazione degli altri“( Nelson Mandela, novembre 2008)
Ubuntu è un’espressione in lingua bantu, è una regola di vita, basata sulla compassione, il rispetto dell’altr*. L’ubuntu ci esorta a sostenerci e aiutarci reciprocamente, a prendere coscienza non solo dei nostri diritti, ma anche dei nostri doveri, poiché è un desiderio di pace verso l’umanità intera.
Una frase che sintetizza questa filosofia è umuntu ngumuntu ngabantu, ovvero io sono ciò che sono in virtù di ciò che tutti siamo.
Quanta consapevolezza dentro queste parole!
Ma cosa significa praticare l’Ubuntu?
Ubuntu si declina come una presa di coscienza dei propri diritti e doveri il cui rispetto porta verso la pace fra tutti gli uomini e le donne.
In quest’ottica, il rito del saluto assume un significato fondamentale: l’ espressione SAWU BONA (che equivale ad un nostro ciao), significa TI VEDO, e la risposta di chi riceve il saluto è SIKHONA, SONO QUI.
Lo scambio dei saluti è fondamentale perchè finchè l’altro non mi vede io non esisto.
Riconoscersi un’identità nel momento in cui l’altr* ci vede , ci rispetta e ci riconosce come persona significa entrare in relazione ( ti vedo / sono qui ) ed essere disponibili ad accogliere le reciproche differenze. E dà valore all’incontro con l’altr* come occasione di crescita per l’umanità intera.
Quanta saggezza ci dona la Madre Africa, ricordando a noi, uomini e donne di questo tempo, così distratt* e centrat* su un individualismo sterile, l’importanza di saper stare in relazione.
Per me Ubuntu è un inno alla forza creatrice che genera sentimenti di compassione e gratitudine verso l’altr* me.
Ubuntu è dunque un occasione per cogliere la relazionalità della vita: qualunque persona dipende da altre persone e nessuno è totalmente indipendente e inutile.
Perchè la vita è un dono e va celebrata ogni giorno con gratitudine, per trsmettere poi alle generazioni future, il significato profondo dell’ Ubuntu come occasione quotidiana per stabilire relazioni che nutrono e generano.
Perchè fare il bene genera forza vitale e, in chi riceve, un riconoscimento di chi dona e una responsabilità nei suoi confronti. L’atto di riconoscere e rispondere è fare il bene. A partire da questa reciprocità, la generosità può davvero tradursi in solidarietà. E mai come in questo periodo storico così buio, l’Umanità necessita di ricordare a se stessa il valore dell’Ubuntu, per imparare a vivere coltivando valori orientati ad accrescere tanto la propria vita quanto quella degli altri, in un’osmotico scambio che genera cambia-Menti e rinascita.
Cecilia Gioia