Volevo fare la cantante, la ballerina, la musicista, poi la giornalista, la scrittrice, l’arredatrice di interni, l’ispettrice di polizia, l’archeologa, la critica d’arte e la missionaria.
Mio padre invece voleva che facessi l’avvocata, mia madre l’insegnante. Il mio essere figlia unica aveva permesso loro di avere idee chiare, quando si è unici meglio non caricare troppo, si rischia di confondere i desideri.
Io oggi “sono” e “faccio” la psicologa clinica e psicoterapeuta.
Canto le storie delle persone che si rivolgono a me, danzo e percorro i loro passi, ho un buon orecchio per ascoltare attentamente la loro musica, suonando in concerto i loro spartiti di vita, e poi vivo di storie e conosco personaggi, li accolgo, li riconosco e do loro un nome; suggerisco arredi all’interno della psiche, armonizzando le sue mille sfumature, cerco indizi e tracce per leggere meglio i sintomi, torno indietro nel tempo e raccolgo i ricordi, mi soffermo in tutte le forme di bellezza, esercitando l’esercizio della psicoterapia come arte. E poi sto nella relazione d’aiuto con consapevolezza. Dimenticavo, esercito quotidianamente dispute sulle convinzioni irrazionali, e insegno attraverso la relazione terapeutica, l’arte della maieutica, aiutando a “tirar fuori” dalla persona le proprie risorse e consapevolezze.
E quindi, da grande, ho scelto bene. Ho integrato tutti i miei molteplici desideri del cuore in un’unica professione.
Sono e faccio la psicologa e psicoterapeuta, what else?
Cecilia Gioia