La solitudine delle madri non va mai in vacanza, la percepisci da lontano, dagli sguardi o da una telefonata inaspettata. Ci sono sempre più mamme sole, ognuna con la sua storia e la sua maternità vissuta o meno seguendo un percorso socialmente “accettato” e condiviso. E poi ci sono le mamme di cielo, donne a cui è stato strappato il loro frutto, spesso silenziose, perchè si sa, nessuno vuole sentire parlare di morte, soprattutto di un piccolo fiore. A queste mamme è “vietato” soffrire, ricordare, piangere e aver paura, perché sempre meno persone riconoscono il loro dolore. Ecco perché sempre più mamme di angeli scelgono il silenzio, custodendo gelosamente sensazioni e ricordi, e attraverso piccoli rituali danno dignità e voce al loro essere madri.
Lavorare accanto a mamme così speciali può semplicemente renderti migliore, come operatore, come donna e soprattutto come madre. Entrare in contatto con un momento così intimo e così denso di emozioni, mentre una diagnosi quasi surreale decreta la fine di un sogno, crea un legame indissolubile. Assistere e accogliere l’incredulità di una mamma e di un papà rispetto a un dolore così grande, pone me come operatore un passo indietro la coppia, dove la mia presenza come psicoterapeuta, riconosce e sostiene tempi e bisogni individuali della coppia stessa. Dal momento della diagnosi dell’assenza del battito, all’entrata in sala parto, il tempo inizia a dilatarsi e la percezione fisiologica dei minuti, si trasforma in momenti emotivamente intensi, dove al dolore della coppia si affianca la necessità di capire cosa la mamma dovrà affrontare. Fornire informazioni corrette, rispondere a questo bisogno, spesso espresso dal papà, equivale a riconoscere l’importanza per il genitore di poter scegliere. L’assistenza in sala parto, durante il travaglio e il parto, diventa un momento in cui tutto si ferma, lasciando tracce incancellabili nella memoria, dove la mamma e il suo bambino possono incontrarsi e salutarsi. Come operatori che quotidianamente ci confrontiamo con il dolore e la sofferenza, assistere alla nascita di un angelo ci rende vulnerabili, sintonizzandoci spesso con i nostri lutti irrisolti o le nostre esperienze con la morte. Tutto questo non deve rappresentare un ostacolo, ma un nostro punto di forza da cui partire. I genitori di cielo sono custodi di angeli e il loro dolore ha suoni e colori e noi come operatori, possiamo accoglierlo e sostenerlo, nella sua dignità. Perdere un piccolo fiore, non equivale a provare un piccolo dolore e di questo dovremmo essere tutti più consapevoli.
M. Cecilia Gioia