Noi madri siamo sempre più sole.
Ogni giorno ne ho la prova.
Sempre più sole e sempre più giudicate.
“Devi fare questo“, “Non puoi non fare così“, “Così lo vizi!“, “Ma che tipo di madre sei?” e potrei continuare ancora, e ancora.
Apparteniamo noi madri ad una strana categoria umana, siamo considerate angeli e demoni dei nostri figli perché contenitori, spesso ignari, di una duplice natura.
Sappiamo amare di un amore immenso e incondizionato. Riusciamo a donare la vita per i nostri figli senza nessuna resistenza. Ci apriamo al mondo per mettere alla luce un figlio con cui conviviamo un’endogestazione unica e irripetibile. Condividiamo in questi nove mesi emozioni, ormoni, nutrimento e dolori, in un legame impossibile da recidere. In una parola, ci doniamo completamente a questa nuova vita che cresce dentro di noi ripercorrendo memorie amniotiche sopite, ma mai dimenticate.
E poi uccidiamo.
Il figlio, quanto di più caro e prezioso la vita ci ha donato.
Uccidiamo ogni giorno, con le parole o con i gesti.
Uccidiamo perché stanche, depresse, sole.
Uccidiamo perché il nostro cervello, trasformato dopo la gravidanza, non ce la fa più.
Uccidiamo i nostri figli mentre uccidiamo noi stesse, in un unico atto di sangue, mentre tutta la terra trema davanti a un gesto antico e incomprensibile.
Sempre più angeli in cielo mentre madri interrotte e spesso depersonalizzate, piangono gesti innaturali in una solitudine che uccide ogni giorno.
E mentre noi continuiamo a giudicare, (s)consigliare, maledire, odiare, milioni di mamme vivono in solitudine sensazioni innaturali che si trasformano poi in tragedie.
Tragedie di cui noi siamo totalmente responsabili,
tragedie spesso urlate e non ascoltate,
dolori amorfi in cerca di un contenitore,
spesso non disponibile a contenere.
Ecco perché, molte volte, il dolore si trasforma in altro,
in un gesto che non vogliamo nemmeno chiamare,
e sentire.
Parliamo di FIGLICIDIO, e tutti noi ne siamo responsabili.
C. Gioia